Emicrania, le nuove terapie migliorano l’aderenza terapeutica anche in viaggio

L’emicrania è una delle forme di cefalea più disabilitanti, dati anche i molteplici fattori che possono innescarla, al punto da rappresentare un serio ostacolo anche per l’attività lavorativa. In caso di professioni che richiedono di viaggiare e che comportano numerose trasferte, pianificare l’assunzione di farmaci per mantenere l’aderenza terapeutica può essere molto difficile.

Le nuove opportunità di cura permettono di superare questo tipo di problematiche, rendendo la vita dei pazienti con attacchi di emicrania decisamente migliore. Di queste terapie e dell’importanza di uno stile di vita corretto nella cura delle cefalee, abbiamo parlato con la Dottoressa Natascia Ghiotto, Responsabile UO Diagnosi e Cura delle Cefalee Fondazione Mondino IRCCS di Pavia.

Di cosa si occupa il suo Centro e chi sono i pazienti che avete in cura?

Il Centro Cefalee della Fondazione Mondino di Pavia è stato fondato nel 1975 e dal 2000 è riconosciuto dalla Regione Lombardia come Centro Regionale di riferimento di terzo livello (cioè dotato di apparecchiature diagnostiche complesse e in grado di inserire i pazienti in protocolli clinici innovativi, ndr). Coniugando assistenza e ricerca, possiamo offrire al paziente percorsi e terapie innovative. Il team di specialisti ha visitato nel 2023 più di tremila pazienti, lombardi ma anche provenienti da altre regioni non solo limitrofe, inviati dal medico di medicina generale o da altri colleghi neurologi per casi particolarmente complessi.

Infatti, il nostro centro Cefalee offre una serie di servizi per la gestione globale del paziente con cefalea con attività ambulatoriale specifica a seconda del tipo di cefalea (cefalea a grappolo, cefalee croniche, ecc.) oppure a seconda del tipo di percorso terapeutico scelto (trattamento con tossina botulinica, anticorpi monoclonali e altre terapie innovative).

Inoltre, nel nostro Centro Cefalee è attiva anche un’unità operativa con letti di degenza, dove in primis ci occupiamo essenzialmente di disintossicazione di pazienti che presentano una forma di cefalea cronica, complicata dall’uso elevato di farmaci sintomatici. Trattare questa tipologia di pazienti rappresenta una sfida quotidiana nel trattamento delle cefalee in quanto spesso sono pazienti resistenti alle terapie che hanno un elevato rischio di ricaduta nell’abuso dopo la disintossicazione. Ricoveriamo circa 300 pazienti all’anno che poi seguiamo in percorso ambulatoriale dedicato sia con visite in presenza, sia con consulti in telemedicina.

Da quanto tempo è impegnata nel trattamento delle cefalee? 

Ho iniziato a frequentare questo Centro come interna quando ero al quinto anno della Facoltà di Medicina, e da allora non ho mai abbandonato questo mondo così affascinante.

Come si svolge una visita “tipo”? 

L’inquadramento del paziente con cefalea durante un primo accesso ai nostri ambulatori è articolato su più livelli. Gran parte del colloquio viene riservata all’anamnesi della forma di cefalea, ma non tralasciamo mai la restante storia clinica, la familiarità, le abitudini di vita e il vissuto del soggetto, poiché da questi aspetti dipende grandemente il fenotipo della malattia e conseguentemente la sua cura. L’esame neurologico è naturalmente parte integrante della visita.

In conclusione, il paziente esce dal nostro ambulatorio con una relazione che include la storia clinica, la diagnosi, l’eventuale richiesta di accertamenti, se necessari, e la terapia che viene “cucita” sulla persona.

Non vengono tralasciati consigli generali di comportamento, che sono parte integrante della terapia, come, per esempio, rispetto dell’orario dei pasti, della regolarità del ciclo sonno-veglia, praticare una attività fisica regolare, eccetera.

Come è cambiata negli anni la terapia dell’emicrania? Quali le prospettive future per i pazienti?

Nel corso degli anni, soprattutto negli ultimi, si è assistito a una vera rivoluzione nel trattamento dell’emicrania che, come ho detto, è la forma più frequente di cefalea che ci troviamo ad affrontare in ambulatorio e che rappresenta una delle forme di cefalea più disabilitanti. Infatti, grazie all’avvento di nuovi trattamenti specifici diretti verso il Calcitonin Gene-Related Peptide (CGRP), una piccola molecola in grado di provocare vasodilatazione e implicata nella patogenesi del dolore emicranico, la strada del paziente è finalmente meno in salita, anzi direi che è in discesa. Mi riferisco alla tossina botulinica e agli anticorpi monoclonali. In particolare, questi ultimi, grazie alla loro efficacia, alla facilità di utilizzo, alla tollerabilità e praticamente all’assenza di effetti collaterali hanno permesso un vero e proprio cambiamento nel trattamento dell’emicrania.

Può raccontarci un caso specifico di paziente che è riuscito a migliorare la propria condizione?

Un caso emblematico è quello di Marcello (nome di fantasia), un ingegnere di 52 anni che soffre di emicrania fin da bambino e che si è rivolto circa dieci anni fa al nostro Centro Cefalee quando la sua emicrania si era cronicizzata. Marcello faceva un uso elevato di farmaci sintomatici e, pertanto, abbiamo deciso di sottoporlo a una disintossicazione in regime di ricovero.

Dopo la disintossicazione il paziente ha assunto svariate terapie preventive classiche per il trattamento dell’emicrania con risultati variabili a seconda dei periodi e della terapia impostata. Il suo problema nel corso di questi anni è stato, però, legato alla gestione della terapia poiché, per lavoro, doveva fare numerose trasferte anche intercontinentali e la somministrazione dei farmaci due/tre volte al giorno diventava complicata. Inoltre, l’assunzione di farmaci sedativi lo ostacolava, soprattutto durante i viaggi transoceanici dove l’orario di assunzione doveva essere praticamente capovolto.

Quindi, dal momento che erano soddisfatti i criteri Aifa, ho informato il mio paziente circa la possibilità di iniziare una cura a base di un anticorpo monoclonale, scegliendone uno che permettesse una possibilità di somministrazione adatta alle sue esigenze, anche lavorative. Ciò significava che, se avessimo iniziato la terapia con il calendario alla mano, saremmo riusciti a fare prevenzione senza più pensare ai viaggi e al fuso orario. E così è stato. Dopo i primi tre mesi abbiamo fatto il punto della situazione e Marcello ci ha riferito un risultato sorprendente già dal primo mese di terapia, ossia un’importante riduzione del numero di attacchi (da cinque-sei in media nei mesi precedenti l’inizio della terapia a due attacchi).

Inoltre, ci ha riferito di non aver sperimentato nessun effetto collaterale e non aver dovuto puntare alcuna sveglia per ricordarsi dell’assunzione durante la trasferta in Giappone dell’ultimo mese. Marcello è in terapia con questo farmaco da ormai due anni e non ci sono state modifiche nell’efficacia e nella tollerabilità. La cosa che mi ha stupito e gratificato è stato quando, all’ultimo controllo, mi ha confidato: «Dottoressa, mi sono dimenticato di essere malato!».

Soffri di emicrania? Per ricevere maggiori informazioni e richiedere il parere di un medico su quale possa essere il percorso terapeutico più adeguato, recati presso:

Centri cefalee SISC

Centri cefalee ANIRCEF